Non tutto ha bisogno di essere aggiustato. Nel corso degli anni, forse, abbiamo peccato di perfezionismo, e in un mercato che rincorre costantemente produzioni iper-lavorate e pulizia assoluta del suono, il cantautore e polistrumentista MANUEL sceglie la strada meno spianata, meno veloce e forse la più coraggiosa: pubblicare un EP che resterà per sempre così com’è stato registrato, dal vivo. Nessuna versione in studio, nessuna sovraincisione e qualche sorpresa come l’utilizzo della Loop Station. “Oltremare (Live Session)” è un lavoro scritto e prodotto dallo stesso MANUEL – all’anagrafe Manuel Sanfilippo -, che fissa sei canzoni in un’unica esecuzione: solo voce, chitarra e pianoforte. Ed un video di mezz’ora che le traspone sul piano visivo.
Siamo diventati bravi a tagliare, velocizzare, levigare, e dove la quotidianità segue sempre più spesso i ritmi di un algoritmo e tutto dura pochi secondi, MANUEL sceglie di rallentare, e di mostrare la musica per com’è realmente, senza aggiunte superflue. Un contenuto lungo, silenzioso, che non che non cerca di imporsi, di mettersi in fila nel traffico di contenuti forzando la mano alla frenesia che ci ha inghiottiti. Ma resta lì, per chi decide di aprire e concedersi il tempo di tornare ad ascoltare. Ad ascoltarsi.
È difficile fermarsi. Lo è in generale, lo è ancora di più oggi.
Ogni giorno siamo esposti a migliaia di stimoli visivi, sonori, emotivi. Saltare da un contenuto all’altro è diventata un’abitudine, uno scorrere senza sosta che ci lascia pieni di cose e poveri di presenza.
C’è un nome per tutto questo: si chiama tecno-overload, o sovraccarico cognitivo, e in certi casi prende anche una forma clinica, denominata Internet Addiction Disorder (IAD). Ma anche senza etichette, la sensazione è familiare a molti: non riusciamo più a stare. Né su una pagina, né dentro una canzone.
“Oltremare (Live Session)” si oppone a questa corsa. Non con un pensiero nostalgico, ma con un obiettivo di verità: perché certe cose si sentono solo prendendosi il tempo di rimanere in ascolto. In silenzio. E perché rallentare è l’unico modo per capire davvero cosa sta succedendo. Dentro e fuori di noi.
L’EP segna inoltre la chiusura del percorso “Acoustic Only”, che ha portato MANUEL a sperimentare una dimensione intima e raccolta. Questi sei brani non entreranno nel suo primo album in studio attualmente in preparazione: rimarranno così, fissati in una versione unica e irripetibile. Canzoni nate in anni diversi, mai pubblicate prima, che trovano ora la loro forma definitiva: essenziale, spogliata, radicata nella genuinità del momento.
L’arrangiamento ridotto a voce, chitarra acustica e pianoforte richiama l’atmosfera, il coinvolgimento e la spontaneità del live: respiri, pause, imperfezioni che diventano linguaggio. Il linguaggio di chi non finge e non maschera, di chi ha scelto di mostrarsi senza protezioni.
Al fianco di Manuel, il Maestro Matteo Stella, che ha co-firmato gli arrangiamenti e lo accompagna al pianoforte nell’intera sessione.
Il videoclip intero, ripreso durante le registrazioni del disco e in uscita sul canale YouTube dell’artista il 30 settembre, è stato diretto e filmato da Lorenzo Ilariucci, con la fotografia di Mattia Tomasetti (Foto, Video e Light Design), sound engineering a cura di Stefano Conti e location management di Davide Matera. Un team di esperti che, insieme al fotografo Francesco Genovese che ha realizzato la copertina dell’EP, ha reso il progetto possibile, trasformando un’idea in un contenuto concreto e fruibile. Il risultato è un lavoro che supera il concetto tradizionale di videoclip per diventare un set dal vivo in cui la musica è lasciata libera. Libera di esistere, con la stessa intensità e purezza dell’istante in cui è stata eseguita.
Temi come l’amore, la natura, il viaggio interiore e la necessità di lasciar andare si intrecciano lungo la scaletta, attraversando sei paesaggi interiori che non chiedono di essere interpretati, ma vissuti.
«“Oltremare” è tutto ciò che non si vede ma si sente – spiega Manuel -. È il colore del profondo, quello dell’oceano, ma anche dell’anima. È ciò che esiste oltre il visibile, oltre l’amore che finisce, oltre il dolore che resta, oltre i corpi, oltre le parole, oltre ciò che ci siamo detti…E anche oltre ciò che non abbiamo mai avuto il coraggio di dirci. È un viaggio nell’invisibile. È la carica che ti spinge in profondità solo per insegnarti a risalire. È la somma di tutte queste canzoni: un cammino che parte dal dolore ma si apre alla luce, che attraversa la tempesta per tornare a casa. Dove casa non è un luogo…ma una verità: quella che possiamo trovare solo in noi stessi, riappropriandoci del nostro tempo e della capacità di ascoltare e ascoltarci.»
“Oltremare” è un concept EP che non corre dietro alle regole del mercato: rimane fermo, immobile, come un istante che non si replica. È il silenzio prima del risveglio, il respiro lento dell’anima nel buio. È la soglia del non ancora, il mistero sacro dell’attesa. L’inizio di un viaggio senza mappe, dove il cuore si perde per ritrovarsi, fragile, indomito, vero.
Qui non si giunge per restare, ma per prepararsi a volare. Perché “Oltremare” è il luogo dove l’anima, con occhi chiusi, impara a vedere.
A seguire, tracklist e track by track dell’EP.
“Oltremare (Live Session)” – Tracklist:
1. Unico
2. Mare e Terra
3. Sulla Luna con Me
4. Soli insieme
5. My Own Love
6. Oltre
“Oltremare (Live Session)” – Track by track:
“Unico”. Manuel si espone, si mette a nudo: ciò che ha vissuto l’ha ferito, ma anche forgiato. Le cicatrici diventano insegnamenti e l’indifferenza verso il giudizio altrui una forma di liberazione. Quando tutti sembrano remare contro, ciò che conta davvero è restare in piedi, rimanendo sé stessi. C’è una determinazione feroce che si evince tra le parole: scegliere il difficile, puntare al bersaglio, abbracciare l’essenza complessa della vita, anche quando nessuno può capire il peso che ci si porta dentro. Nel silenzio, l’anima si accende. Cammina oltre il visibile, sopra i confini del mondo, cercando un senso che non si misura in logica ma in assoluta presenza nel qui e ora. In questa ricerca, scopre che la sofferenza è stata maestra. Che le ferite hanno inciso vie segrete verso la consapevolezza. C’è una scelta conscia, e al contempo quasi mistica, nel seguire il percorso più arduo: non per orgoglio, ma per desiderio di verità e scoperta. Anche ciò che è invisibile agli occhi è reale per chi sente; e chi sente davvero, fino in fondo, sa che tutto, anche il dolore, è stato necessario per tornare a sé. Sii come il vento, invita Manuel. Libero, inarrestabile, spirituale. Senza forma, eppure in grado di muovere ogni cosa.
“Mare e Terra”. C’è un amore che non ha bisogno di parole, che vive nello sguardo, nel riflesso di due occhi che si cercano. L’altro non è solo qualcuno da amare, ma un luogo in cui ritrovarsi, riconoscersi, vivere oltre il semplice atto di esistere. Quell’ E mi troverai del testo non è solo una promessa: è la volontà di esserci, con una presenza totale. L’amore qui non è lineare, né tranquillo. È fatto di tempeste e quiete, come la natura stessa. Due esseri che si muovono come nuvole e lampi, che si scontrano e poi si placano, che si cercano anche nella distruzione. Ogni esplosione è seguita da un rinnovamento, ogni bacio è una tregua sacra tra elementi opposti. In questa danza tra caos e tenerezza, nasce una domanda: “Tu credi in me?” É la fede che salva, che tiene salde le radici anche quando passa un tornado. L’identità di coppia si rivela nella natura: l’albero che cambia ma resta sé stesso, l’oceano che urta la roccia ma non si spezza. Così sono i due protagonisti della narrazione: mare e terra, apparentemente inconciliabili, eppure destinati a toccarsi. Nonostante i cambiamenti, nonostante i conflitti, ciò che rimane è l’essenza, la connessione sincera, spirituale e invincibile. Un amore elementale, eterno, come le forze che regolano il mondo.
“Sulla Luna con Me”. C’è una lentezza sacra in questo amore. Il tempo si dilata, il corpo si muove lento, mentre l’anima resta intrappolata nel profumo di chi non c’è più, ma non se n’è mai andato. L’assenza non è vuota, è presenza che echeggia. E la distanza non è solo spazio, è desiderio di elevarsi per sentire ancora. Nel cuore del testo c’è un invito: “Vieni sulla luna con me”. Un richiamo dolce e mistico verso un luogo altro, fuori dalla realtà, dove l’amore non conosce fine, dove il tempo non distrugge, ma conserva. È lì che le anime si sfiorano ancora, si consolano, si ritrovano. È un rifugio celeste, dove perfino il buio smette di fare paura. Il quotidiano, con i suoi dettagli apparentemente banali – un divano, una scultura fatta insieme – diventa sacro. Le mani che si stringono sono simboli vivi di ciò che è stato, e che, in un certo modo, è ancora. L’amore è diventato memoria, arte, presenza tangibile. Eppure, ci sono domande che restano sospese, parole che non trovano risposta, promesse intrecciate come fili invisibili tra due cuori lontani. E poi, quell’atto supremo di verità: spogliarsi delle paure, mostrarsi nudi, completamente autentici. Non solo nel corpo, ma nell’anima. L’amore qui è una dimensione spirituale, fuori dal tempo. È un altrove – la luna – dove l’intimità è pura, dove si assapora l’essere, e non solo lo stare insieme. Dove l’amore è un atto di fede, e il buio diventa luce condivisa. Un invito eterno a raggiungersi, anche se non si è più vicini. Un amore che non chiede di restare sulla Terra, ma di volare — insieme.
“Soli Insieme“. L’assenza dell’altro cambia il volto alle cose: perfino il mare, nella sua immensità, non è più lo stesso. L’anima ferita cerca guarigione proprio lì, dove una volta ha imparato a immergersi — nelle onde, nell’amore, nel ricordo. Come un rituale silenzioso, il protagonista torna all’acqua non per dimenticare, ma per sentire. Per capire se qualcosa, dentro, è ancora vivo. Non c’è più rabbia. Solo cenere, fuliggine: tracce di un incendio che ha lasciato escoriazioni profonde. Eppure, in mezzo a tutto questo, si fa strada la volontà di ritrovare la propria identità, di salire su una barca, leggera come la risata di un bambino e tornare ad essere libero, pirata di un mare che ora naviga da solo… Ma con una nuova energia a muoverlo. C’è poesia nella confusione, tenerezza nella rinuncia. Il corpo è ancora ferito, l’anima cauta. Non è ancora tempo per altri approdi, né per nuovi orizzonti. Il timone è lasciato al vento: segno di fiducia, più che di resa. La tempesta è passata, ma ha lasciato dietro un cuore spoglio, consegnato come offerta. Eppure, in tutto questo, c’è una verità: “Siamo soli, ma insieme”. Una contraddizione solo apparente, perché le anime che si sono amate davvero restano connesse anche nel silenzio, anche nella distanza. C’è una forma di presenza che perdura, come luce riflessa tra due solitudini che si riconoscono. Un amore che non ha bisogno di parole, né di ritorni. Solo di essere ricordato e onorato, nel silenzio condiviso.
“My Own Love”. È la voce di chi ha amato così tanto da perdere sé stesso. L’altro torna, promette di essere cambiato, piange, ha paura. Ma chi parla non è più lo stesso. E nemmeno chi ascolta. C’è un conflitto acceso e al contempo delicato tra il bisogno di sapere se chi ci troviamo davanti è effettivamente cambiato e la consapevolezza che forse non ci si è mai davvero lasciati. L’amore non è solo affetto: è sacrificio, fusione totale, fino a dimenticare i confini tra un corpo e l’altro. “I’m not leaving yet“: una dichiarazione che non ha niente di razionale. È un atto di fede. “My own love doesn’t belong to myself without you”: questa frase è il centro spirituale del brano. L’amore non è più possesso, ma offerta. Un dono che, una volta fatto, non può essere ritirato. Sotto la malinconia si muove qualcosa di più vivo: il desiderio di vedere, di conoscere davvero chi si è diventati. Di scoprire se, dietro il dolore, esiste ancora uno spazio dove due anime possano incontrarsi: non come un tempo, ma forse più vere, più intere. Anche se il rischio è perdersi di nuovo.
“Oltre”. Un viaggio di coscienza e liberazione, un cammino su un filo sottile, fragile come la vita stessa, sotto un cielo in tempesta. Ma senza più paura di cadere. Il pericolo non spaventa, il rumore si spegne, e in quel silenzio, si manifesta qualcosa di sacro: la voce della propria terra interiore, del cuore che batte forte, non per ansia, ma per vita. C’è un desiderio ben definito: andare oltre l’immagine, oltre ciò che si ripete, oltre ciò che trattiene. È una chiamata a vivere pienamente, a toccare l’orizzonte non con gli occhi, ma con la propria interiorità. Manuel riconosce finalmente sé stesso anche nell’altro: entrambi autentici, incapaci di fingere, connessi alla natura. C’è verità nella loro vulnerabilità e questa verità, è libertà. Gli occhi lucidi, come opere d’arte animate, guardano un mondo che corre, che scivola. Ma che, in fondo, è un miracolo da custodire. Ogni attimo è irripetibile, e la vita, adesso, è un diamante che brilla. Alla fine, il brano diventa una promessa mantenuta: la paura cessa di esistere, il cuore si apre, l’essere si rinnova. Si rinasce. Ora. Oltre.